L’economia circolare e del bene comune spiegata attraverso uno spettacolo e una app
Cosa accomuna l’Antropocene (Crutzen, 2005), le avventure di Charles J. Moore che, negli anni Novanta, scopre il “continente di plastica” nell’Oceano Pacifico, e Tom Szaky, giovane imprenditore canadese che, all’inizio degli anni Duemila, fonda la start up TerraCycle?
La capacità di mostrare in maniera inequivocabile la necessità di ripensare a una nuova alleanza tra l’umanità e l’ambiente basata, da una parte, sull’economia circolare, e, dall’altra, sull’economia civile proposta da Antonio Genovesi (1763) per cui il profitto è possibile ma solo in quanto strumento del bene di tutti.
Questi sono i temi dello spettacolo Blue Revolution. L'economia ai tempi dell'usa e getta che porta in scena la sfida, innanzitutto etica, della sostenibilità, declinata in maniera interdisciplinare sul versante economico, ecologico e sociale. Lo spettacolo si muove sull’arco di tre secoli, con leggerezza, dal Settecento dei Lumi e dei primi economisti – Adam Smith e Antonio Genovesi – fino al nuovo Millennio, segnato dalla globalizzazione dei mercati, dalla digitalizzazione, dal terrificante bilancio di una crescita basata interamente su consumo e rifiuto.
Ed è qui, racconta lo spettacolo, che il potere delle idee, il grimaldello che ha spalancato all’Occidente la porta del benessere nel nome del progresso, può tornare a svolgere un ruolo positivo nel nome di una alleanza tra l’uomo e l’ambiente, in cui l’azione trasformatrice di uomini, donne e imprese può ripartire dagli scarti per creare nuove opportunità, come insegna l’economia circolare, che rappresenta un nuovo modo di gestire la creazione e conservazione del valore a lungo termine. Un’alleanza in cui anche l’opera delle imprese dà corpo all’idea di economia, finalmente, civile. Lo svelamento di questa alleanza possibile, permette infatti di far scoprire che l’economia ha come fine ultimo la felicità e non solo il benessere materiale delle persone, che il profitto è essenziale ma non esaurisce il fine ultimo del perché si fa impresa, e infine che l’economia sganciata da una solida base etica finisce per divorare se stessa e travolgere le società che ha contribuito a rendere ricche.
Per permettere al pubblico, che assiste allo spettacolo Blue Revolution, ma non solo, di avere un’idea chiara su chi siano le imprese del nostro Paese che operano seguendo i principi dell’economia circolare, Mercato Circolare ha sviluppato la prima app in Italia, che consente all’utente di entrare in contatto diretto con imprese circolari, via smartphone.
La app Mercato Circolare, disponibile in versione beta per Android e Apple, dà accesso, infatti, a una mappa qualificata e georeferenziata del mondo dell’economia circolare in Italia e non solo, che ad oggi conta più di 450 realtà.
Ma come può essere definita l’economia circolare e i quali sono i principi su cui essa si basa?
Il concetto di economia circolare nasce in contrapposizione a quello di economia lineare, per il quale alla produzione di un bene corrisponde la generazione di un rifiuto, non appena il bene smette di essere tale. Al contrario, l’economia circolare postula la necessità di un nuovo paradigma di progettazione e costruzione dei beni e servizi tale per cui non sia più possibile parlare di un inizio e una fine, ma dove la fine è sempre progettata per essere un nuovo inizio. Un’economia in grado di auto generarsi da sola, come sostiene la Ellen MacArthur Foundation. Da qui l’evocativa espressione “dalla culla alla culla” contrapposta all’espressione “dalla culla alla bara”. L’espressione venne usata per la prima volta negli anni settanta del XX secolo da Walter R. Stahel, architetto svizzero che fu pioniere nel campo della sostenibilità e che ha proposto di disaccoppiare la crescita economica dal consumo di risorse. Nel 2002 esce la pubblicazione “Dalla culla alla culla: come conciliare tutela dell’ambiente, equità sociale e sviluppo”, manifesto a cura di Micheal Braungart e William Mc Donough.
Alla luce di quanto detto sopra si possono individuare quattro principi basilari dell’economia circolare.
Il primo principio postula la necessità di generare valore dallo scarto, come ben rappresenta l’operato di Edizero, nata in Sardegna, che recupera le eccedenze della lana, delle sottoproduzioni di vinacce, di latte, di miele, di formaggi, di potature, per ottenere prodotti isolanti, pitture e intonaci ecologici. Il secondo principio postula la transizione verso l’utilizzo di materiale naturale e biodegradabile, l’utilizzo di energie da fonti rinnovabili, e materia prima seconda. Come evidenziano da una parte la società agricola Le Erbe di Brillor e, dall’altra, l’azienda Quagga. La prima realizza agridetergenti per bucato e piatti a partire da piante che coltiva e trasforma presso la propria cascina. La seconda produce giacche invernali partire da plastica riciclata. Il terzo principio postula la necessità di estendere la vita dei prodotti attraverso il mercato dell’usato, attraverso la riparazione, la vendita di prodotti sfusi, e la rigenerazione. Qui basta è pensare agli artigiani che fanno ancora riparazioni, ai negozi leggeri, a chi costruisce per la durata o ha introdotto processi di rigenerazione degli elettrodomestici come il progetto Ri-Generation, di Torino, ideato da Astelav. Infine, il quarto principio invita a concentrarsi sul valore d’uso piuttosto che su quello di proprietà, come per esempio incentiva a fare la app Paladin con cui è possibile mettere in condivisione le cose che abbiamo ma usiamo raramente, come, ad esempio, il proprio trapano o le ciaspole per andare sulla neve.
Grazie alla sperimentazione di diversi mezzi e modi di comunicare e informare, la mission di Mercato Circolare è quella di creare ponti digitali e culturali tra imprese, cittadini e Istituzioni. In particolare, attraverso la proposizione dello spettacolo Blue Revolution, a cui legare percorsi di approfondimento grazie a workshop o serius game digitali.
In questo modo, Mercato Circolare offre il teatro e la tecnologia come spazi espressivi che restituiscono, attraverso l'arte, la capacità di leggere la realtà. Teatro e tecnologia che sanno confrontarsi con il rigore della documentazione, che nasce da un attento lavoro di verifica e confronto delle fonti per ricostruire la storia nella quale siamo immersi. Teatro e tecnologia che riescono a coinvolgere la mente e il cuore delle persone, che evocano paure e fatiche, ma anche indignazione e speranze, voglia di reagire e di cercare nuove strade per un'economia più rispettosa dell'uomo e del pianeta.
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